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Øystein Sevåg - White Wings

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https://www.youtube.com/watch?v=p1g53ox87Ss

 Ackerman's first collections of quiet acoustic solos, In Search Of The Turtle's Navel (1976) and especially It Takes A Year (1977), set the standard for the tone, halfway between the philosophical and the lyrical, rooted in country and folk music, inspired by John Fahey's "primitive" music, that would become the epitome of new-age music.

Il primo album rigorosamente acustico e solista fu In Search Of The Turtle's Nave (1970), ancora nell'ottica dei bozzetti sentimentali e provinciali di Leo Kottke, e pertanto molto più umile delle saghe trascendentali di Fahey. Dagli honky-tonk a rotta di collo di The Pink Chiffon Tricycle Queen e The Second Great Tortion Bar Overland alle ballate pensose di Barbara's Song e Ely è di nuovo di scena la nostalgia per i "good old times" e per la vita semplice dell'America rurale.

It Takes A Year (1977) portò alla perfezione quel suono disinibito e spartano, trovando il giusto equilibrio fra filosofia e fotografia, fra meditazione e contemplazione. Se qui si accende il ritratto struggente e cristallino di Bricklayer's Beautiful Daughter, là si spegne la riflessione autunnale di It Takes A Year. Il clima viene stemperato da un paio di pause briose alla Kottke, in Townshend Shuffle e Rediscovery Of Big Bug Creek. Il disco si avventura anche nelle lande magiche di Fahey e Basho con i racconti pacati di Impending Death Of The Virgin Spirit e The Search For The Turtle Navel, laddove lo spirito fiabesco e il "picking" sincopato prendono il sopravvento.

 

Aerial Boundaries, perfeziona quello stile naif e picaresco, giungendo al capolavoro nell'incalzante e sincopata title-track. Il suo picking di tocchi discreti (all'orientale) eppure squisitamente melodico in Bensusan, gli intricati passi di danza mediorientali di Ragamuffin, il raga minimalista di Spare Change scaturiscono da una perfetta simbiosi con lo strumento e da una sensibilità sempre più mistica. E brani rarefatti come Rickover's Dream, che lascia cadere accordi qua e là senza una logica predefinita, o il trio jazzato con flauto e basso di Menage A Trois, puntano verso soluzioni ancor più ardite.

The piano became the main new-age instrument thanks to the success of George Winston and his first suite of free-form melodic piano solos, Autumn (1980).

Il meglio del suo canzoniere si trova su Autumn. Lo svolgimento di Colors è quasi in contraddizione con il suo titolo, perché i "colori" li lascia soltanto intuire, sembra negarli di continuo man mano che li richiama alla mente. Longing, che dovrebbe essere una serenata romantica per cuori infranti, finisce invece per suonare come un'operazione post-moderna di "decostruzione" di uno stereotipo, per cui alla fine l'ascoltatore ha in mano tutti gli elementi sintattici dell'emozione di attesa, ma non l'emozione stessa. Che l'arte di Winston si avvalga in effetti di mezzi anche eruditi è dimostrato da Moon, che assimila tratti di ragtime e di jazz, e da Woods e Stars, venate di minimalismo. Ma il nocciolo della sua arte rimane la tradizione popolare, il vasto oceano della musica folk americana.

L'obiettivo di Winston è un misto fra l'evocare stati d'animo e il crearne di nuovi: il pianismo di Winston in fondo creò proprio questo "paradigma" di musica che trasforma uno stato d'animo facendo riferimento ad altri, ideali, stati d'animo.

Michael Jones (13), the master of the lyrical stream of consciousness, penned the impressionist Pianoscapes (1985), the sophisticated cello-piano duos of Amber (1987), the majestic chamber music of After The Rain (1988), one of new-age's melodic masterpieces, and the four ambitious suites of Air Born (1994).  the sophisticated cello-piano duets of Amber (march 1987) with David Darling, the majestic chamber music of After The Rain (december 1987) with Darling and oboe player Nancy Rumbel, one of new-age's melodic zeniths, and the four ambitious suites of Air Born(february 1994).

Pianoscapes(april 1985) si presenta come una raccolta di bozzetti pianistici senza pretese. In realtà, sposando le armonie più cristalline della musica classica con lo spirito meditativo, umanista ed ecologista della new age, l'album si pone come sintesi e manifesto di un neo-impressionismo spirituale.

Le fantasie più lunghe e complesse, Tapestries e Pianoscapes, lasciano fluttuare liberamente le note in maniera simile a quella del folk progressivo di John Fahey: la tecnica di improvvisazione non è né quella del raga né quella del jazz, benché prenda in prestito da entrambe qualcosa (il salmodiare in crescendo del primo, l'andamento sincopato del secondo), è musica occidentale popolare che trasmette emozioni laiche dell'animo tentando di metterle in risonanza con il succedersi tonale degli accordi. In questi lunghi excursus sonori, che potrebbero durare virtualmente all'infinito, Jones non sviluppa un leitmotiv preciso, ma dà via libera a un flusso ininterrotto di temi, seguendone alcuni a caso, lasciando svanire gli altri nel nulla. Se le melodie più patetiche scaturiscono dal tema di Daybreak, gli apici lirici si trovano forse negli acquerelli più impressionisti, la vertiginosa ed eterea Swallows, la delicata e tintinnante Dancing Waters, la soffusa e notturna Twilight, motivi tanto spontanei e lineari da ricordare le filastrocche dei carillon.

Jones eccelle soprattutto nell'improvvisare liberamente su un tema, nel gioco con i tasti tramite cui esorcizza i casi umani strazianti che deve affrontare quotidianamente nel suo lavoro. La sua è anche una continua ricerca di tonalità, ma senza mai sforzare l'orecchio dell'ascoltatore. Jones tenta di di far suonare il suo pianoforte come un altro strumento, come tanti altri strumenti, come un'orchestra intera. In un certo senso più che un pianista Jones è un arrangiatore.

I duetti con Darling di Amber segnano l'inizio del nuovo corso: il soliloquio introspettivo dei primi dischi viene superato da strutture formali più vivaci ed eleganti, da una musica da camera tenue e raffinata e al tempo stesso più immediata e coinvolgente. Il felice contrappunto di pianoforte e archi trasforma piece improvvisate come Rainfall e Indian Summerin polifonie suadenti con una forte qualità cromatica e contrappuntistica che mancava del tutto agli assoli pianistici.

Lungi dalle astruse elucubrazioni del nuovo jazz e dai freddi astrattismi dell'avanguardia atonale, anche le composizioni più ardite, Wu Wei (l'unica in cui siano percepibili influenze orientali) e Dreamlight (forse il brano più stralunato e onirico della sua carriera) conservano una cristallina limpidezza. All'aumentare della complessità armonica aumenta anche, quasi miracolosamente, il melodismo spontaneo e naif dei brani, dando origine ad acquerelli d'infinita tenerezza come Sunshine Canyon e After The Sun, da annoverare fra i vertici della new age tutta.

After The Rain è il capolavoro di questa fase. Accentuando ritmo, melodia e arrangiamenti, la musica di Jones raggiunge il massimo di suggestione e di comunicatività. Memore della musica da camera improvvisata di Teja Bell, ma dando preminenza ai contrappunti melodici piuttosto che all'impasto cromatico (ovvero all'aspetto narrativo, dinamico della musica, piuttosto che a quello descrittivo, statico), Jones conia uno stile classico di flusso strumentale libero, uno stile che rifugge tanto dall'ermetismo quanto dal preziosismo. Ogni accordo è essenziale e perfettamente inserito nel contesto (al contrario dell'avanguardia dissonante), benché del tutto imprevedibile (al contrario della melodia tradizionale). Jones regala altre incantate serenate, fra cui Morning Mist, con il suo ritornello da carillon, Water's Edge, aperta da uno dei suoi temi più orecchiabili (che viene poi ripetuto al flauto ed elaborato dall'oboe), e soprattutto la suite After The Rain, il cui quarto movimento è un altro dei suoi vertici melodici. Della maturazione di Jones fanno testo la fantasia lirica ed esuberante di Swallows In Flight, per la quale il riferimento è ora il Beethoven delle sonate romantiche e delle ultime sinfonie, o Aspen Summer, a sua volta reminescente dei concerti di Mozart.

Jones, Darling, Nancy Rumbel (oboe) e gli altri collaboratori compongono uno degli ensemble più felicemente amalgamati della new age. Se nel disco precedente a brillare erano soprattutto i concisi madrigali di Sunshine Canyon e After The Sun, qui trionfa una forma più solenne ed elaborata, di dimensioni più ambiziose, ma non meno calibrata, quella di Water's Edge, After The Rain e Swallows In Flight, che è discendente diretta dei flussi di coscienza di un tempo.

Air Born riprende lo stesso formato (quattro suite), ma lo spinge ancora più in là, allungando le improvvisazioni fino a lambire il limite della mezz'ora per un pezzo. Ciò che perde in spontaneità lo guadagna in potenza fotografica e cinematografica. Il moto di una farfalla è alla base dello schema ripetitivo di Air Born, con i suoi frenetici tremolii, le sue pause delicate, le sue brusche impennate. Lark In The Clear Air ritorna al luminoso lirismo di Morning In Medonte, con le melodie più intime nascoste in flutti scomposti di accordi.

Summer In Chimo è invece una delle sue improvvisazioni più ostiche, davvero un flusso di coscienza, privo di un'unità tematica o di riferimenti visivi. Voices In The Windè un discorso altrettanto astratto e protratto, ma questa volta anche appassionato e vivace, sempre imprevedibile nello svolgimento, senza l'assillo di arrivare a una conclusione razionale, come in un rigurgito di emozioni incontrollabili. La regressione all'infanzia, che era sempre stata un po' la chiave di letturia primaria,

Le dita di Jones sono ormai quelle di un grande maestro, a cui è possibile praticamente fare di tutto. La sua ispirazione è quella di un esploratore forte di un senso dell'orientamente praticamente infallibile. Jones non ha rivali nella storia della musica per la capacità di rendere sonoramente le immagini che si formano nella sua mente.

Pudica e solipsista, istintiva ed emotiva, la musica di Jones è pregna di calore umano pur chiudendosi in un formalismo impeccabile. Di tutti i pianisti new age Jones è quello meno facilmente riconducibile ai generi tradizionali della musica leggera, del jazz o della musica classica. La sua arte nasce dalla sintesi (tutta occidentale) di civiltà romantica e civiltà moderna, ripudiando però tanto il titanismo disperato della prima quanto il lugubre fatalismo della seconda a favore di uno spirito contemplativo che è invece di chiara matrice orientale.

Nel 1995 ha pubblicato anche un libro di memorie, "Creating an Imaginative Life".

Marcus Allen (1) crafted the romantic Petals (1981) and Solo Flight(1985).

Le sue tenui poesie per piccola orchestra da camera trovarono la giusta dimensione nel successivo Petals, con Teja Bell alla chitarra, Dallas Smith al lyricon e Bernoff al vibrafono. Il quartetto cesella armonie delicate che si sviluppano piano piano per tocchi cristallini e frasi languide. Ogni "piece" è un ralenti di emozioni filtrate attraverso un prisma, una pioggerella cromatica di timbri e accordi. La musica, talvolta paradisiaca ed estatica nel segno di Kitaro (Baby Rainbow), talaltra fluttuante e disgregata come in un trip lisergico (Sky Flowers), ha la funzione di riconciliare con le meraviglie della natura.

Il vertice melodico del disco è Fables, nella quale il lyricon intona il ritornello orecchiabile. Il brano cardine è però Petals, lunga fantasia impressionista di un lirismo accorato, nella quale si sublima la prassi pseudo-jazz di non dar luogo a sviluppo tematico ma di limitarsi invece a improvvisare nugoli di accordi consonanti. L'effetto è onirico e cosmico.

Solo Flight, l'album della maturità, mette a frutto le architetture astratte del precedente in bozzetti melodici meglio focalizzati, dalla struggente A Love Song alla solenne The Little Ballerina's Dream (i due temi più celebri del suo repertorio), dalla drammatica Memories Of Satie alla tenera Lullaby, talmente perfetti da ricordare i ritornelli meccanici dei carillon. La title-track, fluente e maestosa, usa il linguaggio di quel fresco ed effervescente melodismo per rivedere in chiave più maschia l'angoscia metafisica di Petals e Eleven.

Lasciatosi alle spalle il jazz cromatico di Teja Bell, in questo disco Allen amalgama le armonie leggere per relax della new age con l'impeto e l'abbandono della musica romantica dell'Ottocento.

Allen è il poeta tragico della new age, il suo Schumann più che il suo Chopin.

David Lanz (2) specialized in collections of domestic vignettes with folkish melodies and tempos, such as Heartsounds (1983) and Nightfall (1985). Seattle-born white pianist David Lanz (1950) specialized in domestic vignettes based on folkish melodies and tempos, such as Heartsounds (june 1983) and especially the longer ones of Nightfall (september 1984) and Cristofori's Dream (april 1988

Le dieci composizioni di Heartsounds scorrono all'insegna della gioia di vivere. Melodicamente contenute, dall'andamento ora vivace e ora pensieroso, ricordano da vicino gli acquerelli chitarristici di Leo Kottke. L'affinità non è solo nell'umore gioviale e nostalgico, ma anche nel ricorso a temi e cadenze della musica popolare. Ricchi di pathos (Embrace, Star Gazer, Dream Field, Farewell Amparo, che rimarranno fra i capolavori del genere) o futilmente tutti d'un fiato (Valencia, Homecoming, Day Star, Heartsounds, Rosario, Sun Song) esplorano un tema, uno stato d'animo, una situazione, lasciando nell'ascoltatore una vivida impressione e confermando la statura di Lanz come consumato "storyteller".

Nelle sue armonie piene di colori si riconoscono soprattutto i grandi del secondo Ottocento (Debussy, Chopin, soprattutto Ravel), ma anche gli autori pop, da John Lennon a Elton John.

Nightfall raffina il metodo allungando e impreziosendo le composizioni. Il tenue impressionismo di Leaves On The Seine, che davvero dà l'impressione delle foglie che cadono e si posano sulla superficie dell'acqua, e di Nightfall, che racconta il lento scendere delle ombre sulle strade via via più deserte e silenziose, ricorda i murali di Monet, che in ogni punto ripetono la stessa immagine in dissolvenza. E non a caso l'album si chiude con una Song For Monet. Un andamento sbrigliato e un senso di fiabesco contrassegnano invece il viaggio sonoro attraverso le Faces Of The Forest. Più introspettiva, Courage Of The Windcon il suo delicato ritornello è forse l'apice melodico dell'opera, e al tempo stesso l'elemento di raccordo con il disco precedente.

Il passaggio dal bozzettismo di Heartsounds al paesaggismo di Nightfall è fondamentale per l'evoluzione del suo stile, neutro e classico quanto lo si può essere, alieno tanto da corrivi effettismi quanto da astrusi astrattismi.

Cristofori's Dream, dedicato all'inventore del pianoforte e destinato a rimanere uno dei più grandi hit della new age, mette a frutto la raggiunta maturità espressiva in uno stile di arrangiamento più moderno e segna così l'apice della sua fase più romantica. In esso Lanz si rivela commosso poeta nella tradizione delle orchestre sentimentali e il suo pathos domestico trionfa in semplici melodie come Cristofori's Dream e Summer's Child, nelle sognanti visioni fantascientifiche con stasi e progressioni di natura zen (Wings To Altair) e nei lunghi viaggi sonori di Green Into Gold, reminescenti delle suite jazzate dell'art-rock, sia Chopin sia Dollar Brand sia Klaus Schulze sono fra le sue muse ispiratrici. Le sue composizioni fluide e leggere si affidano a una tecnica molto elementare, che evita le terze (l'intervallo che definisce se un accordo sia maggiore o minore) e lascia pertanto l'ascoltatore in un limbo sfocato, ma che ricorre anche in misura massiccia alle progressioni in tre accordi tipiche del pop (la forma musicale più immediata della civiltà occidentale).

Liz Story (1) indulged in the lyrical introspection of Unaccountable Effect (1985) and especially Speechless (1988), further refined at the border between Keith Jarrett and Eric Satie on Escape Of The Circus Ponies (1990).

Il ritorno alla melodia semplice con Speechless fruttò alcune delle sue pagine più poetiche, in particolare nelle cinque grandi fantasie melodiche che costituiscono il cuore del disco: Welcome Home, Vigil, Forgiveness, Hermes Dance, Speechless. Qui si sublima la sua arte di filosofa barocca con la profondita` femminile di una Joni Mitchell.

During the 1980s their highly chromatic fusion of folk, jazz and classical was refined by a number of pianists: Michael Gettel, with San Juan Suite (1986), Bruce Stark, with Dream Song (1988), John Boswell, with The Painter (1988), Wayne Gratz, with Reminescence (1989), etc.

La San Juan Suite è un tour de force spettacolare ed emozionante di pianismo classico. Gettel suona il pianoforte come se fosse una chitarra, con la stessa elasticità e frenesia. L'obiettivo è quello di catturare la sensazione dietro un paesaggio, ma in realtà Gettel finisce per metterci molto di più, spesso arrivando a dare del panorama una fotografia in musica (resa ancor più nitida dall'uso, per quanto discreto, dei suoni naturali). La Suite inizia nel modo più fragoroso, con la tumultuosa armonia di Sucia, propulsa da un crescendo travolgente e alimentata da un'imitazione del volo degli uccelli. Non meno incalzante è Orcas, che è anche il brano più jazzato.

Tutt'altro che leziosa come gran parte della new age, la musica di Gettel è carica di ritmo, scoppia di salute, è un mare in piena. Gettel rifugge dalle atmosfere idilliache del mondo rurale, ha l'entusiasmo e la frenesia dell'urbe.

Non mancano momenti più introversi, dalla dolce Whalesong alla dissolvenza minimalista di Drifting che chiude l'album. Ma la prova più intensa del suo stile forbito e intricato è forse il carillon iridescente di Summer Rain.

In seguito Gettel si è progressivamente avventurato nella musica per piccolo ensemble, ottenendo risultati che sono al tempo stesso lirici e spettacolari.

Gratz esordì con un album, di squisita fattura, Reminescence, orchestrato per piano, synth, flauto, violino, basso e percussioni, le cui eleganti melodie si svolgono lente e leggiadre in un tripudio di piccoli effetti cromatici. Nelle aggraziate partiture di questo lavoro Gratz mise in luce un linguaggio pianistico che è innanzitutto classico, poco o per nulla contaminato dal folk e dal jazz.

Il suo forte sono acquerelli impressionisti come Rain On The Pond e Chest In The Attic, immersi in armonie lussureggiantii. Soltanto in Glasses Of The Sun Gratz tenta l'assolo di pianoforte, con risultati peraltro ipnotici, così come nel duetto con l'oboe di Nancy Rumbel in Going Home. Emblema lirico del disco è la serenata di Karen's Song, ma il suo talento melodico si esprime soprattutto in inni commossi, lenti e maestosi, come The Shallows, degne delle sonate romantiche per pianoforte, e in fantasie sbrigliate come Red Sky.

Ha contribuito con due delle sue composizioni più melodiose e liriche alle compilation Wilderness Collection (ocala), A Childhood Remembered (The Green Room), Piano Solos (So Close e Cypress) e Romance (Summer Fields e As I Fall).

Peter Kater (2) crafted Flesh & Bone's Skeleton Woman (1993), a rare experiment of piano and vocals, besides Migration (1992) with native-American flutist Carlos Nakai,

E' a questo punto che si verifica la svolta decisiva. Kater stringe amicizia con il flautista "nativo" Carlos Nakai e pennella i bozzetti di Natives, all'insegna di una forma molto spirituale di world-music. L'accostamento fra il pianismo jazzato, virile, sensuale, urbano di Kater e le nuvole di accordi di Nakai, immerso invece nei grandi spazi delle praterie, in scenari aridi e desolati, in visioni impalpabili, in un misticismo millenario, stabilisce un nuovo standard espressivo della musica new age. I sette brani (quattro dedicati ai punti cardinali, due alle sostanze fondamentali di cielo e terra e una all'"adesso") esplorano credenze e mitologie dei popoli pellerossa. Lo schema è semplice: Kater stende un tappeto di suggestioni che Nakai riempie di suoni evocativi (canto, sonagli, fischietti, flauti). Ma i risultati vanno ben oltre il semplice omaggio alle tradizioni di quei popoli, e finiscono per abbracciare il senso stesso dell'esistenza umana e il suo rapporto con il paesaggio naturale. L'intensa religiosità che sprigiona da questi brani è però arricchita da un decor tutto jazz, difficilmente riconducibile al folklore indiano.

Intanto però la collaborazione con Nakai si stava connotando come la parte maggiore della sua carriera. Migration, con l'aggiunta di David Darling, rese ancor più surreale quella musica da camera. Le sonorità jazz urbane di Kater e Darling danno infatti luogo a un singolare contrasto con il "suono del deserto" di Nakai.

Quello che si svolge fra la marziale e dimessa Initiation e l'umile e pacata Walking The Path è allora un concept sul tema del "rituale". La lunga ouverture di Wandering dispone sul bancone di lavoro le componenti armoniche con cui verrà costruito il resto del disco, fra passaggi di jazz notturno che sono pieni dell'alienazione e della desolazione moderne e lamenti di flauto che suonano come richiami alla Natura. Negli accordi rallentati a dismisura di Lighting The Flamequesti due umori sono perfettamente fusi in un dialogo filosofico, ma sempre meno intelleggibile.

L'atmosfera si rarefa ulteriormente con il soliloquio del flauto in Embracing The Darkness, con la melodia strimpellata in solitudine dal pianoforte in Quietude e con il rombo metafisico del violoncello di Darling in Static Intention. E' come una progressione verso un mondo sempre più privato e sempre meno terrestre, fino al senso di vertigine prodotto dalla figura pianistica di Transformation. Sono brani, ormai spogli di una struttura narrativa, profondamente interiori.

Il canto (Chris White) è una delle novità più salienti del disco, per il modo quasi medievale in cui viene usato: Surrender, degna di Enya, porta il pathos del viaggio di iniziazione a livelli soprannaturali, e il vortice di "om" di Service segna il picco di trascendenza. Quella di Honoringè innanzitutto musica "sacra", è un intreccio di quattro preghiere simultanee (piano, flauto, violoncello e canto), una più fervente dell'altra.

Skeleton Woman di Flesh And Bone (ovvero Kater e White) sarà semplicemente la continuazione di questa esplorazione della sacralità in un contesto laico (l'erotismo).

Honorable Skyripropone lo stesso trio di protagonisti (Kater, Nakai, Darling), con l'aggiunta di Paul McCandless (oboe, Oregon) e Mark Miller (sassofono). Il forte di ciascun musicista sta nel dimostrare il massimo di flessibilità e adattamento, nel rincorrere l'estro dell'uno e dell'altro strumento guida, di fungere da colla e da mediatore.

Sono i richiami atavici di Call To Enchantment, i mille echi allucinati di One Voice e le profondità metafisiche di My Soul's Story a dare il tono al disco, a tracciare la rotta per questo improbabile ma affascinante viaggio al confine fra civiltà industriale e primitivismo, fra Europa e America, fra bianchi e rossi, fra materialismo e spiritualismo. Gli unici due brani che lasciano intravedere una trama melodica, Gathering Of Souls e Essence, sono anche quelli più trascendenti. La poesia autunnale di All Souls Waltz punta invece già verso altri orizzonti, verso altri miraggi. Questa non è più world-music, è semplicemente musica religiosa da camera.

 Centering sets the leitmotif of the album: introspection. Delicate flute phrases and warm piano notes lull the mind into self-awareness. East is a jazzy prayer with exotic overtones. West is an even more intense prayer, at a higher abstract level. South and Day Sky Night Sky imitate the sounds of nature: the birds, the rivers, the wind. North is still rooted in the sounds of nature, but emphatic melodies form. The voice enters the landscape in Earth, its chant sustained by forceful piano chords. This is metaphysical chamber music that relies on very little to deliver a lot. This album is the ultimate "native american" experience: an experience of symbiosis with nature, an invocation of the spirits of the underworld, a prayer to the omnipotence of the otherworld.

Among flutists, the most celebrated was jazz-educated Paul Horn (1), who made a career of recording solo improvisations/meditations "inside" spectacular buildings, such as the ones collected on Inside The Taj Mahal (1968) and especially Inside The Great Pyramid (1976). His vocabulary of fragile mummy-like whispers that exuded millenary silence and zen ecstasy was instrumental in creating the ultimate new-age atmosphere.That mood peaked with his most influential invention, the solo improvisations/meditations "inside" spectacular buildings, in which the acoustics of the place becomes part of the music. The first one was Inside The Taj Mahal (april 1968), and the best one was probably Inside The Great Pyramid (may 1976). His vocabulary of fragile mummy-like whispers that exuded millenary silence and zen ecstasy was instrumental in creating the ultimate new-age ambience.

Georgia Kelly, whose The Sound Of Spirit (1981) emphasized the symbiosis with Nature.

Sound Of The Spirit, una delle sue opere più suggestive, è addirittura un mottetto cantato da un coro misto (il primo movimento è a cappella) e contiene uno dei suoi assoli più ispirati e appassionati, un vero inno alla vita e al creato. L'alternarsi di voci e le armonie spartane gli conferiscono un tono a metà strada fra quello del lied e quello della cantata.

Sullo stesso disco Kelly si cimenta anche in un trio di cordofoni (arpa, violino, viola) che, con le sue appropriazioni tanto di ostinato barocchi quanto di melodismi tardo- romantici, tanto di crescendo raga quanto di scale mediorientali, costituisce un esperimento ardito di rivisitazione dello spirito e della weltanschauung orientali secondo i canoni della musica da camera occidentale; e il suo struggente finale, con il violino prima voce che grida la sua malinconia universale e l'arpa che gli fa eco serena e rassegnata, è quanto di più commovente sia stato detto sulla condizione umana in epoca new age.

E' questo il suo disco più "serio", nel quale risaltano le doti di compositrice moderna e antica al tempo stesso, razionale e trascendente.

David Darling (2) focused on the cello for his solemn and almost baroque meditations, both in an ensemble setting, such as Cycles (1982), that featured Jan Garbarek's saxophone, Steve Kuhn's piano and Collin Walcott's percussion), and Eight String Religion (1993), his melodic peak, as well as in the solo setting, such as Dark Wood (1995), his most austere effort in the realm of neoclassical music. Cello (january 1992), that debuted the medieval-inspired "Darkwood" series of adagios; Darkwood (july 1993), containing four more multi-part suites of the "Darkwood" series (4 to 7), his most austere effort in the realm of neoclassical music; and finally Eight String Religion (1993), recorded over eleven years, that added his own piano playing and natural sounds. Cello Blue (Hearts of Space, 2001) is the ideal follow-up to Eight String Religion (Hearts Of Space, 1993). While it doesn't attain the spectacular intensity of that masterpiece, it continues Darling's poetic and baroque exploration of ambient classical music.

Nella seconda metà degli anni '80 Darling si rassegna a un ruolo di gregario prima per il pianista Michael Jones, e i suoi Amber, After The Rain e Magical Child

Dopo qualche anno esce altro trionfo della sua arte solista: Eight String Religion. L'album ha richiesto dieci anni di lavoro. Il suo forte è innanzitutto la melodia, sia quella delicata di Soft Light, strimpellata pianissimo sulle corde del violoncello a accompagnata da improvvisazioni di pianoforte da cocktail lounge, sia quella pop, Remember, canticchiata senza parole con la struggente nonchalance di una ballata di Leonard Cohen. Il vertice di questo lied sottovoce è forse Sweet River: mentre il violino tiene un passo da ballo rinascimentale, i violini intonano un adagio barocco che ritorna ad ondate e il pianoforte continua il discorso iniziato da un cinguettio d'uccellini. La title-track apre invece il fronte religioso, come da titolo. L'intensità si fa lacerante, benché non una nota lasci mai trasparire fervore o disperazione. L'afflato mistico trapela invece da Sojourn, dal soffice arpeggio di tastiere, dall'intrepido canto del violoncello che imita l'oceano, dall'incalzante figura raga del pianoforte. L'album più lirico, tenero e commovente della carriera di Darling. Un lento, cosmico, intreccio di accordi che sembra sempre cadere in trance.

Dark Wood (registrato nel luglio 1993) ripete il miracolo, con una mano ancor più felice per le sovraincisioni del suo violoncello. L'idea è quella dei pezzi omonimi di Cello (il disco è infatti suddiviso in quattro Dark Wood, a partire dal IV): ispirarsi alle tecniche della musica antica (qui non soltanto medievale sacra, ma anche profana e rinascimentale) per comporre movimenti lenti ("adagio" o similia) di una compostezza e austerità classica. Dawn e New Morning, cullati in frammenti melodici che fluttuano nell'etere con una dolcezza malinconia quasi "schubertiana", hanno di nuovo la profondità e l'intensità di salmi religiosi. Anzi, gli abissi di tonalità gravi di In Motion propendono per una concentrazione quasi zen, e in Earth si intuiscono fievoli echi di raga. In Journey e Medieval Dance Darling tenta di imprimere il senso della fiaba, ma ne risulta una musica dal movimento pulsante e dalla direzione sfuggente, che presenta una qualità allucinatoria. Molti brani sono appena accennati: Darling sfiora le corde del suo strumento per qualche secondo e poi lascia che i riverberi della musica si spengano nel vuoto senza neppure tentare di spiegare il suo gesto. Con l'umile violoncello Darling ha trovato il modo di comporre una musica sempre più personale e di un'emotività sempre più soffocata. Ogni brano diventa un mosaico di "droni" anemici, di accordature che imitano la viola da gamba, di timbri ovattati. La sua arte di doppelganger violoncellistici che risuonano da angoli reconditi dell'animo, ha raggiunto un livello di purezza davvero degno della musica sacra antica.

Innamorato della bellezza classica, Darling è intento a continuare la tradizione del violoncello classico. Anche nei suoi esperimenti più audaci di etno-jazz non è mai stato un tecnico del sound, non ha mai approfondito una cultura, ma soltanto preso in prestito la sua emotività, il timbro, il feeling. Tutto ciò che la sua musica incorpora viene imitato in un modo molto personale.

Darling è stato ed è tuttora uno dei protagonisti della rivoluzione che sta portando gli strumenti ad arco al centro dell'attenzione della new age. E, nonostante Darling disconosca il virtuosismo fine a se stesso, le sue improvvisazioni rappresentano altrettante pietre miliari per l'evoluzione della tecnica allo strumento.

David DArling: Cello Blue (Hearts Of Space, 2001

L'iniziale Children presenta un appoccio minimalistico appena sottolineato dai lievi tocchi del piano; la successiva Prayer and Word è assai più sostanziosa, con le sovraincisioni del violoncello che dialogano e si intersecano, creando un clima di pacata e commossa rassegnazione. La title-track vive sul contrappunto fra archi e piano trapuntato dai gorgheggi degli uccelli, in uno svolgersi tenero pur se un po' esile. Thy Will «Not Mine» Be Done è invece il momento forse più debole del disco, col suo insistito andamento alquanto «barocco» e compiaciuto, cui si aggiungono anche i vocalizzi di David, ma senza quagliare in alcunchè di convincente. I momenti più significativi si intravedono nei brani Serenity, Colorado Blue, Presence, Solitude, tutti nobilitati da un meditabondo pianoforte che gareggia a tratti col violoncello in contrappunti che trasmettono sensazioni di equilibrio interiore; Awakening sembra invece uscita proprio dalle pieghe di Dark Wood: gli archi si intrecciano e ricercano continuamente volumi e tonalità diversificate, fino a stemperarsi nell'afflato mistico. Forse il momento più bello ci viene dato da Morning, dove il sottofondo del canto di uccelli viene impreziosito da un andirivieni minimalistico del pianoforte, tutto giocato sul velluto, in una trasparenza cristallina; è un po' il brano emblematico del disco, che sembra voler consegnare un messaggio di fiducia e speranza. La conclusiva Prayer è il brano più ambizioso e certamente più mistico, laddove il sentimento religioso origina una musica triste e raccolta, al limite di una composizione sinfonica commovente e composta. In Cello Blue c'è quanto basta per richiamare nuovamente la nostra attenzione su un artista delle cui possibilità non si è mai dubitato, e che aspettavamo con pazienza

Shadowfax created the standard for the new-age acoustic ensemble with chromatically-rich and melodically-relaxing albums such as Shadowdance (1983). Significant contributions to the "chamber" wing of new-age music came from former members of David Grisman's quintet, whose "jazzgrass" lent itself to a neo-classical interpretation.

Il loro marchi di fabbrica rimarranno l'intessere un fitto intreccio di percussioni, l'estendere al limite il contrappunto fra gli strumenti, l'esaltare i timbri acustici. Greenberg è cresciuto nel Southside di Chicago, la zona in cui esercitavano i grandi bluesman, e si sente: non tanto come influenza diretta, quanto come spontaneità dell'improvvisazione.

Da quelle premesse gli Shadowfax finirono (con Shadowdance) per coniare uno stile che fondeva di fatto la musica zen di Kitaro e il jazz-rock da salotto di Pat Metheny (il saltarello orientale e minimalista della title-track e soprattutto la sonata romantica e mediterranea A Song For My Brother) e rinnova in maniera più aggressiva e creativa il raga-rock (New Electric India), uno stile barocco che trabocca di delicate armonie classicheggianti (Watercourse Way) e di teneri temi jazz (Ghost Bird).

Le novità dei tre album successivi furono molteplici: da un lato un melodismo più immediato, dall'altro un sound più elettronico, da un lato una propensione per i suoni etnici e dall'altra tentazioni di ritmi da discoteca.

 Violinist Darol Anger, pianist Barbara Higbie, mandolinist Mike Marshall, and bassist Michael Manring formed Montreux, that released borderline albums such as Sign Language (1987) and Let Them Say (1989), and Anger led their spin-off, the Turtle Island String Quartet (1), whose Turtle Island String Quartet (1988) perfected those ideas.

Il primo album, Sign Language, può essere considerato il manifesto dell'intero genere, un manifesto articolato nei quattro punti fondamentali: la sintesi di elementi provenienti da tradizioni diverse, rielaborati e interiorizzati fino a scorrere in un flusso armonico neutro; la spontanea simbiosi e il misurato individualismo di quelli che sono di fatto altrettanti strumenti solisti; il sapiente puntillismo degli strumenti, che trasforma l'arrangiamento in un'arte a se stante; e la vena melodica che permea ogni brano.

L'ouverture Skywriting (di Marshall), una delle loro sigle, ariosa e incalzante, l'indiavolata danza brasiliana di Jacob Do Bandolin (Marshall), l'esuberante inno gospel di To Be (Higbie), il cantico estatico di Circular Birds(Manring) sono saggi di una musica gioiosa e vitale, che trasuda ottimismo e fiducia da ogni accordo e che si auto-alimenta di continuo.

I debiti verso la tradizione country sono evidenti in brani che conservano lo spirito semplice, genuino ed entusiasta della civiltà rurale, su tutti la festosa e frenetica title-track (di Manring), con il violino di Anger scatenato a tirare il ritmo come in una jam di bluegrass e un frastuono ossessivo di percussioni esotiche e di pianismi martellanti; e in pieno bluegrass si tuffa Grant Wood(Anger), un deliquio di strumenti a corde nella più fiera tradizione delle variazioni su tema.

Ma il quartetto è capace anche di momenti di intenso raccoglimento, di immergersi in emozioni tenui e toccanti, come nella ballata pianistica Sweet Intentions (di Higbie), che il violino e la chitarra decorano di lamenti. Al repertorio vanno anche aggiunti acquerelli impressionisti come In The Shadow Of The Blimp, fatto di improvvisazioni free form, di progressioni raga e di velate dissonanze, nonché Just Walking, la jam più jazzata, in cui il violino di Anger prende il ruolo del sassofono. La musica radiosa dei Montreux apre orizzonti sconfinati agli ensemble acustici.

E' lo spirito soprattutto a distinguere questa musica acustica da quella della musica classica, lo spirito semplice, genuino ed entusiasta della civiltà rurale, trapiantato in un'eleganza e una compostezza tipicamente urbane. Il virtuosismo dei quattro musicisti non fa che aggiungere emozione all'emozione, grazie alla raffinata scelta degli impasti timbrici.

Il loro metodo di improvvisazione collettiva moderata e rilassata culmina nell'ultimo album, Let Them Say. Marshall vi trionfa come compositore di temi orecchiabili, come nella title-track, contrassegnata da un incalzante duetto di mandolino e violino, nell'elegante Mandolin Rising, nel delicato madrigale di October Wedding, per il solfeggio sottovoce di Higbie, nella dimessa, assorta, sentimentale romanza di Road To Vernazza e nella cavalcata free- jazz di Free D (che era già sul Duo di Anger e Marshall). Dal canto suo Anger rende omaggio alle sue radici country con la fiabesca King Sod.

Se i due veterani dominano il sound del gruppo, tutti i contributi sono di eccezionale livello: Manring compone un melodioso ritornello western swing, Astronomics, e Higbie scodella una tenera ballata d'atmosfera, Barbara's Dream, e una melodia classicheggiante, Finding Time. La squisita eleganza degli arrangiamenti è davvero il loro metodo. La profusione di linee melodiche e di contrappunti non ha eguali.

ll Live At Montreux è la prova generale dei Montreux, che nasceranno di lì a poco. Marshall è alla chitarra e al mandolino. Il quintetto tratteggia le poesie caraibiche di Egrets e Egypt, ma fa epoca soprattutto per la fluidità con cui fonde elementi jazz e folk, per la formazione a tre voci (chitarra, violino, piano) che non si rubano mai la battuta, per l'eleganza formale dell'esecuzione, per la compostezza delle improvvisazioni, insomma per un approccio alla materia che sa più di musica classica che di musica popolare. La lunga jam di In What Hour ne è il manifesto spirituale e formale. Anger e compagni si ricordano però delle loro eterodosse origini, e del loro senso dello humour, quando si lanciano nell'armonia spericolata e rocambolesca di Near Northern.

Anger, Higbie, Marshall e Michael Manring diedero vita nel 1984 ai Montreux, dei quali uscirono due album. Quel quartetto, che fondeva temi country, jazz, classici e pop, costituì uno degli eventi fondamentali nella storia della musica acustica new age. Qualche anno dopo Anger e Balakrishnan formarono con il violoncellista Mark Summer e la violista Irene Sazer il Turtle Island String Quartet (july 1987), che si spinse ancor più a fondo in quell'operazione di riformulazione del paradigma acustico, secondo uno spirito più erudito e austero.

 

If new-age chamber music was mostly influenced by jazz, Summer Suite (1983), that featured Teja Bell on guitar, Dallas Smith on lyricon and Jon Bernoff on vibraphone, and Steve Kindler's Dolphin Smiles(1987) fused neoclassical, psychedelic and folk elements,

Teja Bell è un chitarrista ispirato dal jazz, dalla musica classica e dalla filosofia orientale, che venne lanciato nel mondo della new age dal capolavoro di Marcus Allen, Petals.

A renderlo famoso fu la maestosa Summer Suite eseguita dal trio classico di Bell, Dallas Smith (lyricon) e Jon Bernoff (vibrafono). Summa di stili e tecniche degli ultimi trent'anni, la suite trionfa nel tema alla Broadway di Summer Song, nelle vertigini "cosmiche" di Enchanted Forest e nell'assolo appassionato di sassofono di Love To You. Maestro nell'applicare la meditazione zen alla composizione, Bell indovina una suite senza soluzione di continuità che riproduce con un tenue caos armonico, peraltro sempre consonante, la bellezza e l'imponenza di scenari naturali. Il suo picking cromatico e cristallino coniuga John Fahey e Andres Segovia.

L'altra suite Peregrinations, che fa il paio con la precedente, è invece dominata dagli incalzanti ritmi del sequencer e non aggiunge molto alle tante fantasie "cosmiche" dell'epoca.

Le opere successive non saranno mai paragonabili al capolavoro, anche se Bell vi confermerà la sua abilità di arrangiatore. In New Spirit Of Christmas impiegherà un'orchestra sintetica, campanelli tibetani, chitarre e violino. Risultati migliori otterrà in Dolphin Smiles, con Steve Kindler al violino, fusione più melodica di modi jazz e classici (l'album restò nelle classifiche di vendita jazz per circa tre anni).

Bell vive presso San Francisco, compone musiche per film, ed è un maestro di arti marziali giapponesi.

(vedi anche Steve Kindler)

Ma il suo capolavoro rimane Dolphin Smiles, con Teja Bell alla chitarra e Kit Atkinson alle percussioni. Il tema tenero e maestoso di Windsurfer è tutto immerso nelle sensazioni dell'oceano, delle onde, del vento, del cielo, ebbro di natura e di gioia di vivere. Dopo un inizio titubante, il violino si lancia nel tema che è un po' il prototipo del suo jazz latino, Kaimana. Kindler è soprattutto maestro nel cesellare le atmosfere sognanti e stellari delle composizioni più lunghe, che scorrono armoniose come fiumi. La cadenzata Leeward Sail è di nuovo intrisa di mare e di sole, il lamento di The Farthest Shore si libra solenne su orizzonti sconfinati. Il flusso è così naturale che passa in secondo piano l'accorta scienza timbrica del duo: Sounding, in realtà, è composta da otto minuti di suoni onirici senza trama.

La Dolphin Suite che dà il titolo al disco è aperta dal violino con una struggente figura melodica alla Cajkovsky prima che Bell si lanci in una delle sue parate di accordi iridescenti; gli effetti acquatici del violino e del sintetizzatore danno vita all'inno elegante e festoso del violino con cui la suite si chiude.

 an idea further refined by Bill Douglas' Circle Of Moons(1995).

Dopo quel tour de force il successivo Circle Of Moons, nobilitato da un ensemble sempre più forbito, si presenta come una prova più romantica che tecnica. A vincere è decisamente l'ego classico di Douglas, che si sfoga nelle sublimi armonie vocali rinascimentali di Heaven In A Wild Flower, nelle sonate da camera per ance e pianoforte di Island Of Woods e Circle Of Moons. In tal modo risalta maggiormente il suo squisito e delicato melodismo, che nell'aria per flauto e corno di Under The Moon, cadenzata da uno strimpellio classicheggiante (a mo' di arpa) del violocello, lambisce le atmosfere epiche ed oniriche di Morricone, e nel tema melodioso di Flow Gently Sweet Afton fa concorrenza alle ninnananne più patetiche, e nella crepitante rapsodia notturna di Into The Twilight sfiora le pagine più tenere del pianismo romantico. Questo metodo tocca vertici di manierismo nell'elegante e radiosa Azure e nella triste e delicata The Rose Of Kildare. Il disco ha i suoi momenti di svago sotto forma di danze leggiadre, il saltarello condotto dal pianoforte di Like A Wave Of The Sea e le sarabande medievali di The Piper e Fountain; ma è soprattutto un'opera commovente e personale. Il pianoforte è diventato la prima voce della musica di Douglas.

Douglas è uno dei musicisti che sta inventando con maggior consapevolezza una musica classica new age.

Nightnoise's Nightnoise (1984) was chamber music inspired as much by Celtic folk as by jazz improvisation.

Nightcrawlers (1984) by the Nightcrawlers (the duo of Tom and Peter Gulch) resumed the experiments of the Mother Mallard's Portable Masterpiece Company and the Tonto's Expanding Head Band, and set them in a magical and mysterious universe.

Il primo disco, al quale partecipa anche David Lunt con un terzo arsenale elettronico, contiene quattro lunghi brani atmosferici che fluttuano su echi, ritmi e stratificazioni di sintetizzatori. Ogni suono si espande lentamente, immerso in cupi scenari wagneriani, rivelando poco a poco lo spettro dei suoi colori.

Modulus Four, la suite più esotica ed arcaica, ha la cadenza soffice e vellutata di un raga e il vorticare frenetico di una danza araba, ma viene sommerso da una melodia intrisa di panico terrore. Traveling Backwards, la trance più metafisica, passa da un incalzante crescendo minimalista, perturbato da eccentricità casuali, a una romantica melodia sintetizzata di proporzioni sinfoniche, cadenzata in maniera squillante dal sequencer e solcata da sibili cosmici, per terminare in un puro caos afono.

Tanzwut, l'angoscia più cupa ed impetuosa, inizia con un sordo ronzio cosmico presto incalzato da una figura frenetica al sequencer, a sua volta intrecciata da altre linee ritmiche, fino a comporre una sarabanda tribale su cui vibrano frammenti melodici distorti. Più dimessa e robotica, Spring Torsion è anche la più vicina ai Persian Surgery Dervishes di mastro Riley. Ipnotica e struggente, tragica e trascinante, pervasa da sinistre premonizioni, lacerata da lamenti strazianti, da suspence minacciose, da ritmi travolgenti, la musica di Traveling e Tanzwut rappresenta uno dei vertici del rock elettronico di sempre.

The Los Angeles school, specializing in lengthy suites a` la Tangerine Dream performed with the latest electronic keyboards, was the most relevant breeding ground for electronic new-age music. Michael Stearns (2), after beginning in the "cosmic" of Planetary Unfolding (1981), specialized in assembling and playing electronic monsters on Lyra Sound Constellation (1983) and Chronos (1985).

Chronos rappresenta il vertice di questi concetti. La sinfonia cosmica inizia (Corridors Of Time) all'insegna di una vibrazione cupa e minacciosa che cresce piano piano. Man mano che cresce ci si rende conto che non si tratta di una vibrazione unica e statica, ma di un intreccio di "droni", ciascuno con un suo svolgimento (per quanto lento). Quello più melodico (Essence And The Ancients), una salmo da organo a canne, prende il sopravvento, con i suoi riverberi quasi subacquei, e continua a gonfiarsi in un crescendo marziale. La musica si abbassa in un bisbiglio paradisiaco (Angels Bells And Pastorale), poi decolla e va a posarsi in un silenzio percosso da quelli che sembrano rintocchi distorti di enormi campane. All'improvviso spunta un motivetto quasi barocco (Portraits) tintinnato furiosamente fino a disintegrarsi (Ride) nelle vastità del cosmo.

 Kevin Braheny (2) opted instead for fairy-tales that explored the universe with the eye of a child: Perelandra (1984) and Galaxies (1988).

A renderlo celebre fu comunque la seconda opera, Perelandra (Hearts Of Space, 1984), riedito come The Way Home (Hearts Of Space, 1987), uno dei primi e più riusciti kolossal del genere spaziale-elettronico, proteso verso costruzioni armoniche imponenti che si ispirano a Beethoven e a Wagner prima ancora che a Schulze e Vangelis. Perelandra è una sinfonia per sintetizzatore e coro in tre parti. Nella prima le varie voci dell'orchestra si accordano lentamente a una radiazione cosmica di fondo, dando la sensazione di un'aurora che si irradi o di una foschia che si alzi, lasciando trasparire poco a poco le sgargianti tinte del pianeta misterioso. La seconda si apre su una serie di richiami cosmici riverberati e sovrapposti a canone, che danno la sensazione di una estrema dilatazione del tempo e dello spazio. E soltanto nella terza parte la sinfonia prende veramente corpo: sensuale e visionaria, la musica si propaga allora per volute e volute di elettronica e potrebbe continuare all'infinito. Ancor più celestiale è The Way Home, costruita dapprima attorno a dei lunghi, languidi accordi che vengono ripetuti con timbri diversi e scanditi da rintocchi d'arpa, poi attorno a una soave melodia zen, anch'essa ripetuta da diverse voci e sempre avvolta in quella nebulosa di accordi fluttuanti, e infine dalla confluenza di questi due leitmotiv in una sorta di unico "om" cosmico sempre più impalpabile. Sono musiche ispirate dai romanzi fantascientifici di C.S. Lewis e pertanto ambientate in paesaggi immaginari. Ne risultano affreschi di mondi fantastici, cataloghi di scenari futuribili, documentari sonori di visioni cibernautiche. Braheny vi dosa con sapiente e maliziosa misura le tempere della sua tavolozza elettronica. Le sue suite si dipanano sempre all'insegna di una esasperante lentezza, continuando per minuti e minuti a ripetere le stesse frasi melodiche con minime variazioni. Sono gli insegnamenti della musica indiana e della musica giapponese portati agli estremi e applicati a un campo descrittivo invece che meditativo.

Seguendo gli stessi principi Braheny contribuisce a Western Spaces (Innovative Communications, 1987) i raga Desert Walkabout e Desert Prayer, rallentati fino a lambire la stasi ed immersi nei silenzi cosmici.

Il suo capolavoro, e uno dei capolavori della space music tutta, Galaxies, rivela ascendenze classiche e jazz-rock.

Il suo leitmotiv è una fanfara (suonata quasi sempre miscelando un sassofono) che compie una lenta ed elegante metamorfosi, passando dallo struggente tema iniziale (in crescendo fra un tripudio di trilli) alla raffinata melodia di matrice Weather Report del secondo movimento (Starflight), deformandosi funerea in onirici giochi di riflessi (Milky Way Rising) o dilatandosi in estasi corali zen a ondate e respiri di marca Kitaro (Ancient Stars) o ancora immergendosi in ralenti di linee melodiche sovrapposte su registri diversi (Galactic Sky), per stemperarsi di nuovo in temi jazz-rock evanescenti e fatalisti (Lookback Time) e innalzarsi in inni mistici ricolmi di nostalgia (Going Home), finendo per delirare nella festosa danza jazz- latina che chiude l'opera (Down To Earth).

Braheny raramente ricorre alle dissonanze e lo fa soltanto per descrivere i suoni ipnotici che lacerano i silenzi siderali (Winds, Intergalactic Space, Ice Forests Of Orion). Nell'insieme la sinfonia costituisce una monumentale colonna sonora per un viaggio negli abissi del cosmo. Più descrittiva di Perelandra, che era invece un'opera cinematica, Galaxies (Hearts Of Space, 1988) è la summa definitiva della space music.

 Thom Brennan's Mountains (1993), recorded in 1987, was one of the most ambitious works, a feat later replicated by his introspective monolith Satori (2002).

Una sua composizione di venti minuti, In The Heat Of Venus, figura nell'edizione originale di Western Spaces.

Mountains, registrato nel 1987, uscirà su CD soltanto sei anni dopo. Opera imponente, ispirata dalla natura selvaggia di un'isola tropicale, mette in luce fonti che datano dal Medioevo, dai canti gregoriani, e scendono fino al minimalismo orientaleggiante di Terry Riley, agli affreschi cosmici di Klaus Schulze, all'impressionismo ambientale di Brian Eno.

Nella monumentale Mountains (quasi mezz'ora) le figure melodiche sono appena abbozzate, si dissolvono in un labirinto di echi. Il poliritmo incalzante dei sequencer, quasi meccanico, sovrapposto a un "drone" bassissimo di sottofondo, e a folate di accordi di violini, si stempera in vortice lontanissimo di campanelli e cori angelici, e, proprio quando sembra essersi perduto per sempre, ritorna in un crescendo minaccioso. Il cambiamento avviene per variazioni minutissime, mimetizzato nei cicli infiniti che sembrano ripetersi sempre identici e che in realtà sono sempre diversi. L'ispirazione di Brennan è d'altronde tutta contenuta fra quadri astratti come Green River Passage e lentissimi crescendo sinfonici, che assomigliano ad "om" trascendenti, come Incense And Rain. La ricchezza cromatica si accoppia alla stasi drammatica per conferire pathos e mistero alla cornucopia di linee melodiche, frequenze intermittenti e dissonanze robotiche.

La varietà di minimalismo per cui propende Brennan è un ondulare dolcissimo, continuo, a passo cerimoniale, di sequenze tonali. Suite come Habu Valleysono pervase da un'eleganza leggiadra e conservano sempre una dimessa qualità liturgica. Come un fuoco che bruci piano piano, estinguendosi poco alla volta, senza fiammate, crogiolandosi nel proprio crepitio. Priva di svolgimento narrativo, di spessore sinfonico, di dettagli pittorici, l'elettronica di Brennan è distante tanto dai poemi tardo-romantici di Klaus Schulze quanto dalle ponderose elucubrazioni di Steve Roach.

Monsoon, composta nel 1993, è una suite più movimentata, pullulante di suoni nervosi, con un dichiarato intento pittorico. Le percussioni "legnose" rappresentano il mondo esotico, le dissonanze metalliche rendono il senso della forza del monsone, e così via.

By far the most prolific and successful artist of the original Los Angeles school was Steve Roach (45). He began as a shy disciple of Schulze's cosmic music with electronic suites such as Traveler (1983), but became more and more introspective via the monumental Structures From Silence (1984). His masterpiece, Dreamtime Return (1988), established the archaic, oneiric, shamanic and psychological coordinates that would ground of all his subsequent work. Strata (1990), a collaboration with Robert Rich, Australia - Sound Of The Earth (1991), the Suspended Memories's Forgotten Gods (1993), a collaboration with flutist Jorge Reyes and guitarist Suso Saiz, and Well Of Souls (1995), a collaboration with Vidna Obmana, were journeys to the collective subconscious. Their soundscapes were alive with the heat of the desert and the darkness of the cosmos. The titanic and terrifying World's Edge (1992), Dream Circle (1994) and The Magnificent Void (1996) increased the doses of angst and unknown, and crowned Roach as the most metaphysical of the cosmic couriers.

Dreamtime Return (Fortuna, 1988) è l'opera con cui culmina la fase "losangelesiana" di Roach. Qui Roach mette in luce una qualità onirica che mancava ai dischi precedenti. Roach, senza esservi mai stato, rimane così suggestionato dall'Australia vista al cinema da tentare di mettere in relazione il proprio stato di trance con quello degli aborigeni. E' fondamentale il contributo di Robert Rich, che si occupa dei ritmi "organici": questi ritmi relegano definitivamente il sequencer nello scaffale dei ricordi e aprono le porte alla world-music. Altrettanto preziosa risulta la collaborazione di David Hudson e Percy Trezise, da anni impegnati a studiare le musiche primitive dell'Australia. Dreamtime Return è innanzitutto un album concept, un "concept" elettronico che ha come tema portante quello dei rituali magici delle popolazioni primitive. E' anche, a suo modo, un colossal elettronico, e non tanto per la durata (più di due ore), quanto per lo spiegamento di mezzi (dal computer al didgeridu di Hudson, dalle percussioni di Rich al pianoforte di Braheny), di stili (dal synth-pop alla world-music) e di emozioni (dal magico al tragico, dall'estatico all'eroico). La sequenza dei brani è quella di un viaggio, che ha inizio con il sequencer incalzante di Towards The Dream e termina nel gorgo di sintetizzatori di Return (entrambe metafore: dell'uomo alla ricerca della verità prima e dell'uomo divenuto saggio dopo, della transizione dallo stato di crisi allo stato di aver superato quella crisi). Durante questo viaggio metafisico Roach si addentra in luoghi misteriosi dello spazio e della mente, che vengono resi attraverso suspence oniriche punteggiate da ritmi primitivi ed effetti elettronici (Airtribe Meets The Dream Ghost), per immergersi nei cerimoniali pagani, resi da una rumoristica subliminale e da cori intermittenti (A Circular Ceremony), e giungere sull'"altra sponda" di questo mondo che è innanzitutto un mondo interiore. Qui Roach si lascia andare a un'estasi più metafisica, con languide melodie elettroniche alla Kitaro (The Other Side) e fluttuazioni di sibili cosmici (Magnificent Gallery). Penetrando sempre più in profondità questa dimensione arcaica e arcana, Roach perviene a una musica di classica austerità, quasi una sonata per pianoforte ed elettronica con la qualità immanente della musica ambientale (Truth In Passing). E' un viaggio che ha inizio sulla Terra attraverso paesaggi naturali, e che poi si sposta nel mondo dell'esperienza, nel subconscio, nella memoria, nei meandri più ancestrali e reconditi della mente. Il pezzo forte del disco è lo sterminato psicodramma di Looking For Safety, oltre mezz'ora di figure melodiche fluttuanti in lentissima evoluzione su un cupo rombo di sottofondo, in cui un senso di tragedia incombente si stempera piano piano in un addolorato mantra cosmico. Qui prende forma una liturgia del subconscio che si riappropria della dimensione più autentica dell'animo umano, quella che può emergere soltanto a contatto con civiltà ancestrali e che, proprio per questa ragione, non potrebbe essere più univers

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15:08 - Silentist
Another day in Gruto park
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14:55 - Silentist
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14:41 - Silentist
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14:40 - Silentist
Dabar tokie karai su kontrabanda.... Taigi tiems kas dar nesioja feisbuke ikoneleje balandi su taikos sakele atejo gudus laikai!
20:43 - Alvydas1
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6 like'ai? Gal išprotėjot? Na bet šiandien nelabai didelis ir dainų pasirinkimas...
17:33 - Silentist
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